Mobbing: il silenzio dentro a una scatola vuota
Vivere il mobbing significa sentirsi una scatola vuota, significa essere ridotti al silenzio, ammutoliti dal dolore.
Scriverne e parlarne significa dare voce al dolore e sottrargli il potere che sovrasta e devasta la persona.
L’intervento di Kathy Podestà al convegno “La dignità nel lavoro è fuori moda. Che fare?” si è concluso con la lettura di un messaggio che testimonia il dramma del mobbing ma anche che è possibile superarlo.
“Questa mattina mi è arrivato sul cellulare un messaggio da una ragazza di Roma che martedì avrà il processo per mobbing. Lei è molto preoccupata per il processo perché, come sappiamo, i processi sono sempre un’incognita. Vorrei leggervi questo messaggio che mi è arrivato stamani perché mi ha veramente emozionato e perché vorrei favi capire cosa significa vivere il mobbing. Lei si chiama Maria Fabia. E’ una ragazza di 32 anni.”
‘Una scatola vuota.
È così che mi sono sentita nei lunghi mesi in cui il mobbing è diventato parte del mio quotidiano. E una scatola vuota lo sono stata anche nei mesi successivi alle mie dimissioni.
Perché il mobbing si prende tutto da te: il tuo corpo, la tua anima, i tuoi pensieri, le tue emozioni. E lo fa in modo subdolo, vigliacco, come lo è chi lo mette in atto e chi volta la testa dall’altra parte perché è più facile schiacciare gli indifesi che proteggerli.
Ed è così che lentamente ti svuoti, giorno dopo giorno, fino a quando non ti riconosci più e non sei più in grado nemmeno di ribellarti a quello che ti sta accadendo.
Ci provi a non crollare, a non cedere, ma c’è un momento, all’improvviso, quando subisci mobbing, in cui non senti più nulla. Solo il silenzio.
È silenzioso infatti il mobbing, come noi che lo subiamo perché ci vergogniamo, ci sentiamo sbagliati, pezzi montati male di un sistema di cui noi non vogliamo far parte. E siccome noi ci sentiamo sbagliati, ci convinciamo che anche il nostro dolore lo sia. Allora lo silenziamo quello stesso dolore.
Invece non è così. Io ho cominciato a capirlo dopo quasi due anni ed è per questo che a quel dolore ho deciso di restituire una voce. Di farlo parlare, imprimendo su un foglio bianco le parole della mia sofferenza.
Perché è solo così, guardando il dolore negli occhi, che possiamo superarlo. È solo parlandone, raccontandolo, informando, che il mobbing si può combattere e privarlo del suo potere di nutrirsi di noi.
Testo a cura di Nunzia Pandoli
Commento (1)
Consuelo| 03/04/2018
Anche io ho vissuto una brutta situazione dì mobbing sposatata nonostante fossi assunta come categoria protetta dall’ ufficio dove lavoravo orario da tempo pieno a part time dalla parte opposta della città. Senza avete niente da fare per un anno intero.