Gli elementi distintivi della proposta di legge per la Regione Toscana
Quali sono i punti di forza e gli elementi distintivi della proposta di legge per la Regione Toscana rispetto alle altre leggi regionali ?
La risposta del Consigliere regionale Tommaso Fattori alla tavola rotonda del 16 marzo scorso.
Gli elementi distintivi e qualificanti del progetto di legge per la Regione Toscana
Il primo punto di forza è, forse, lapalissiano, e riguarda il fatto stesso che si faccia finalmente una legge perché con essa si risponde ad una mancanza, a un vuoto legislativo laddove la regione può intervenire.
Come diceva nel suo intervento l’avvocato Rombolà, c’è un vuoto legislativo a livello nazionale che, ovviamente, non può essere colmato da una normativa regionale per un problema di competenze.
Ed è un vuoto enorme.
Per quanto riguarda invece la potestà legislativa della regione, c’era un altro vuoto nella Regione Toscana, lo stesso vuoto che in alcune regioni è già stato colmato, almeno in parte.
Proprio ispirandoci alle altre regioni, abbiamo elaborato una proposta di legge per la Toscana che cerca di fare anche qualche passo avanti.
1. Rendere stabili i punti di ascolto con un finanziamento fisso
Innanzitutto c’è la necessità di istituzionalizzare gli sportelli di ascolto.
Come si diceva all’inizio, occorre il supporto delle istituzioni al lavoro che viene svolto negli sportelli e nei punti di ascolto.
Il punto è che non può essere dato un supporto variabile nel tempo in base alla benevolenza, di volta in volta, di chi governa e che, quindi, varia in base alle maggioranze politiche o alla sensibilità delle persone.
Deve esserci un’istituzionalizzazione, cioè occorre dare una risposta stabile con la stabilità dei finanziamenti.
Come ha detto Giulia Balestra parlando dell’esperienza del Friuli Venezia Giulia, il salto, che è anche uno punto di forza, si è avuto quando la regione Friuli ha reso il servizio stabile, non finanziato di anno in anno, ma sostenuto con un finanziamento fisso.
Questo chiarisce esattamente il punto essenziale della nostra proposta: una norma regionale che istituzionalizzi i punti di ascolto territoriali con un meccanismo di finanziamento stabile.
2. Scrittura partecipativa della proposta di legge regionale
Secondo punto di forza: il fatto che ci sia stata una scrittura partecipativa della proposta di legge di cui stiamo parlando.
Io sono un fissato delle scritture partecipative perché vengo da una storia di movimento e di costruzione delle proposte di legge in questo modo: penso a quella per la ripubblicizzazione dell’acqua o quella sull’agricoltura contadina che è stata scritta sentendo i piccoli contadini e lavorando insieme sul testo.
Io penso che la norma che adesso sarà in discussione in commissione e in consiglio regionale si avvantaggerà dall’essere stata elaborata insieme a chi conosce direttamente, per esperienza, che cosa succede negli sportelli di ascolto territoriali e quindi risponde ai bisogni concreti di chi questo lo fa ogni giorno.
Questo lo dico perché, in realtà, non sempre la produzione legislativa ha questo tipo di percorso. Anzi, quasi mai. E penso che questo sia uno dei problemi seri della produzione legislativa: bisognerebbe fare meno leggi ma fatte molto meglio.
Il nostro problema non è di fare più leggi ma di farne meno e di maggior qualità.
E la qualità delle leggi dipende proprio da questa capacità di farle insieme a chi conosce le questioni di cui si scrive, perché nessuno è tuttologo, tantomeno io che mi devo occupare di mille questioni diverse.
Quindi per stendere questa proposta abbiamo lavorato insieme con l’associazione Gli Amici di Daniele, con Mariangela, Nunzia, Alba, con Gino Carpentiero di Medicina Democratica e con giuristi appassionati come l’avvocato Rombolà.
Questo è l’altro elemento importante che volevo precisare.
3. Due pilastri: i Centri Clinici di riferimento e i Punti di Ascolto Territoriali
L’ultimo punto di forza e tratto distintivo della norma è che la proposta di legge si basa su due pilastri: uno di tipo più istituzionale e l’altro di tipo associativo-territoriale.
La norma ha infatti una doppia gamba:
- la prima relativa ai Centri Clinici di riferimento regionali
- la seconda è quella dei punti di accoglienza e ascolto sul territorio.
Ma c’è un altro aspetto importante: il fatto che questi due pilastri siano messi in relazione e si preveda una stretta collaborazione tra queste due dimensioni, la dimensione più istituzionale con la dimensione legata all’associazionismo territoriale.
La proposta prevede che i Centri clinici di riferimento siano tre, tre come il numero delle Aziende Ospedaliere Universitarie entro le quali sono incardinati.
Ad oggi in Toscana ce n’è solo uno nell’Azienda Ospedaliera Universitaria pisana (Ambulatorio per lo Studio dei Disturbi da Disadattamento Lavorativo) che ha accumulato molta esperienza e che, secondo la ratio della nostra proposta di legge, dovrà fare la formazione per far partire gli altri due centri nelle altre due aziende ospedaliere universitarie.
Avremo quindi 3 Centri Clinici di riferimento, uno per ciascuna delle tre aree sanitarie, con un collegio multidisciplinare di assistenza medica, psicologica e psichiatrica, così come ovviamente è multidisciplinare il collegio dei punti di ascolto territoriali.
La legge ha naturalmente anche altre parti ma questo è il cuore.
E’ previsto anche un Osservatorio in capo all’Azienda Regionale di Sanità che avrà il compito di raccogliere i dati che saranno forniti dai 3 centri clinici e dai punti di ascolto territoriali e di elaborarli per farci conoscere meglio il fenomeno e migliorare i processi di assistenza e prevenzione svolti nei centri clinici e nei punti di ascolto territoriali.
Testo a cura di Nunzia Pandoli